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    Rimozione  di  un  genocidio.  La  memoria  lunga  del  popolo  armeno
In una notte di fine giugno del 1915, tre donne, un uomo e un bambino rimasto senza genitori scappano verso le montagne. L’esercito turco ha lasciato nel loro villaggio solo morti e rovine, una delle tante prove del genocidio armeno avvenuto tra il 1915 e il 1922. I cinque fuggiaschi hanno perso tutto, ma riescono a portare in salvo un prezioso libro liturgico conservato da sette secoli in un monastero. È alto quasi un metro e pesa poco meno di trenta chili. È il prezioso brandello di memoria di un popolo massacrato e disperso. Nella lunga e tormentata storia del popolo armeno, da sempre ponte tra Oriente e Occidente, due elementi si sono rivelati fondamentali: l’adesione al cristianesimo e l’invenzione dell’alfabeto, che con le sue 39 lettere segue come un perfetto strumento tutte le sfumature fonetiche di una lingua antichissima. Il destino di testimonianza e di martirio che spesso toccò a comunità disperse e finite sotto il giogo dei più svariati dominatori – dal sultano ottomano Abdul-Hamid II al governo dei «Giovani Turchi» – rese indispensabile il possesso di un «libro», di solito un testo sacro, da portare con sé come prezioso pegno salvifico. Una «casa di parole» per continuare a vivere e poter conservare la memoria religiosa e civile dopo le persecuzioni, i massacri e le umilianti rimozioni che la storia talvolta riserva.
9788810567111
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