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La lettera a Tito, pur essendo indirizzata a un singolo, ha un carattere più ufficiale che personale. Essa si presenta nella veste di un’istruzione su cosa e come il ministro debba insegnare in una comunità minacciata dalla falsa dottrina, per custodire la fede nella salvezza divina che è “per tutti gli uomini- e salvaguardare la natura dell’identità cristiana attraverso il primato delle “opere buone-. Più che polemizzare contro la falsa dottrina, la lettera richiama l’autorità sulla quale la vera dottrina è fondata: Dio, Gesù, Paolo, il successore di Paolo. Il discorso punta a dimostrare come la vera conoscenza e la fede si manifestino nelle opere e nelle virtù. La lettera o biglietto a Filemone si presenta, invece, come lo scritto più breve del corpus paolino e anche del canone cristiano con un totale di 335 parole. È la lettera che più di ogni altra risente di un tono personale e confidenziale. Il cuore del testo è l’accorato appello di Paolo a Filemone ad accogliere e perdonare lo schiavo Onesimo che era andato via di casa, a riconoscere la sua nuova condizione di fratello nella fede, e addirittura a rinunciare a ogni diritto su di lui, restituendogli la libertà e permettendogli di restare vicino a Paolo. Seguendo i criteri della Collana (Nuova versione della Bibbia dai testi antichi), il volume offre un’ampia introduzione, il testo greco, la nuova versione italiana, le note filologiche e il commento teologico ai due scritti.

AA.VV.
9788821568541
1 Articolo
Nuovo

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