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Come spiegare l’esistenza di due affermazioni così contrapposte come quella di Gal 3,28 («Non c’è né uomo né donna: tutti voi siete una sola persona in Cristo Gesù») e quella di 1Tm 2,9-15, che prescrive la sottomissione della donna nella società e nelle comunità cristiane stesse («La donna impari in silenzio, con perfetta sottomissione»)? Come spiegare una simile evoluzione a partire dall’atteggiamento straordinariamente aperto di Gesù? È giusto ripetere che Paolo fu il principale artefice di questo indurimento della teologia cristiana nei confronti della donna? Analizzando i testi in modo semplice e chiaro, l’autore dimostra che ci si trova di fronte a un effetto perverso della legittima inculturazione della fede. L’adeguamento delle prime generazioni cristiane alle strutture e pratiche sociali del loro tempo avrebbe attenuato in loro la coscienza e l’affermazione concreta della novità evangelica rispetto alla dignità e la partecipazione ugualitaria della donna alla salvezza e alla vita delle comunità. Una rilettura del ruolo della donna nel cristianesimo che le restituisce piena dignità.
9788821591068
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