Giobbe.

Composto in un'epoca oscillante tra il VI e il III secolo a.C., Giobbe è collocato tra i libri sapienziali, ma è tale la pluralità dei generi e dei messaggi che l'attraversano da collocarlo al di fuori di ogni classificazione, così come da ogni dipendenza dalla letteratura mesopotamica o egiziana con cui presenta alcune affinità tematiche. Si tratta di un'opera complessa ed enigmatica, difficile da interpretare, anche per il gran numero di problemi testuali che essa presenta. Il tema attorno al quale ruota tutto il libro con i suoi 42 capitoli è la sofferenza dell'innocente, colta nel suo rapporto drammaticamente conflittuale con la giustizia di Dio, che inspiegabilmente la infligge. Quella che a Giobbe appare, dopo la sventura che lo colpisce, l'imperscrutabile arbitrarietà dell'Onnipotente, lo spinge a un fiero quanto incoercibile bisogno di capire, prima ancora che di chiedere giustizia. La ricerca di senso percorre infatti tutta la sua riflessione, travalicando i canoni della religiosità tradizionale rappresentata dagli amici: Elifaz, Bildad e Zofar. Considerato a ragione come un dramma della fede, nel corso dei secoli Giobbe ha sempre esercitato un particolare fascino, per la pregnanza teologica, l'alta qualità letteraria e l'intensità di pathos che ne fanno un libro singolare e, per vari aspetti, unico nel panorama degli scritti biblici. Il volume, il cui commento è curato di G. Vigini, è un'ottima guida per conoscere quello che a ragione può essere considerato il libro biblico in cui gli uomini di tutti i tempi e luoghi si riconoscono per la drammaticità dei suoi contenuti.