Una filosofia della libertà può avere un impianto cristologico? È intorno a questo interrogativo che si articolano le riflessioni di Giuseppe Gioia. Nella prospettiva della cristologia filosofica di Xavier Tilliette viene rivisitata l’analisi riflessiva di Nabert e, soprattutto, viene esaminata la possibilità dell’esperienza cristologica della filosofia. Nel condurre tale esame, l’autore tiene conto della testimonianza di uno dei mistici più rappresentativi del Novecento, Divo Barsotti, e richiama il sopraumanesimo cristocentrico di Francesco di Sales. Né mancano riferimenti a Blondel e Max Scheler. Si delineano, così, gli elementi filosofici interni a una «Cristologia» capace di far emergere la dialetticità che caratterizza il rapporto libertà-amore come orizzonte etico, allorché l’etica si ritrova chiamata a pensare le radici più profonde dell’agire in quanto esperienza spirituale, cioè quale luogo trascendentale dell’affermarsi della «soggettività» come autentico «esercizio di libertà». In questo senso, il guadagno speculativo di queste pagine si riassume nel poter ripensare la libertà come categoria suprema in quanto amore. È all’interno di un tale piano categoriale che si può giungere a pensare «libertà» e «amore», rispettivamente, come nomi essenziali dell’uomo e di Dio: un uomo, capace di essere liberamente «desiderio di Dio» e, allo stesso modo, un Dio capace di essere Dio nell’amore e, perché tale, «desiderio dell’uomo». Così, il desiderio stesso emerge quale cifra dell’apertura all’alterità, quell’apertura che contrassegna la soggettività.
9788834315422
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