Nell’Europa tra Due e Trecento, tra fermenti religiosi mal tollerati dall’autorità e movimenti suscitatori di inquietudini, i rapporti di forza tra le diverse istituzioni politiche ed ecclesiali della Cristianità mutano rapidamente, costringendo ciascun attore sociale a un ripensamento e a una ridefinizione del proprio ruolo. Culture e saperi sono in ebollizione, le università popolano il continente, nuovi istituti giuridici fanno la loro comparsa. Il clima spirituale d’attesa di un’età nuova non si spegne e, a momenti, produce sussulti che si ripercuotono robustamente per tutti gli anelli della società. La «classe» mercantile e urbana raggiunge uno sviluppo e una presenza sconosciuti prima d’allora, mentre compagnie commerciali e banchieri sono sorprendentemente salutati come le nuove «colonne della cristianità». Un punto fermo della concezione medievale, l’impero, vacilla; la pratica politica mira altrove e ne fa volentieri a meno, mentre esso sopravvive nell’idea, fino a trasformarsi, paradossalmente, in utopia di rigenerazione civile. In tale turbinoso contesto, la fortuna postuma di Tommaso d’Aquino, la ricezione dei suoi scritti e il successo della tradizione teologica eponima offrono l’occasione di un percorso privilegiato ricco di incontri, lungo un arco di oltre mezzo secolo. Lungi dall’essere un episodio interno alla storia dei frati Predicatori – com’è stata considerata in passato –, la nascita del movimento «tomista» si rivela essere un’inedita specola da cui rimisurare un’età intera: i suoi miti, le sue paure, i suoi valori.
9788870946857
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